martedì 18 ottobre 2011

Discorso del Primo Ministro Binyamin Netanyahu dopo la liberazione di Gilad Shalit

Cittadini di Israele, in questo giorno siamo tutti uniti nella gioia e nel dolore.


Due anni e mezzo fa ho assunto di nuovo l’incarico di Primo Ministro. Uno dei compiti principali e più difficili da svolgere che ho trovato sulla mia scrivania, e che ho riposto anche nel mio cuore, è stato quello di portare il nostro soldato rapito, Gilad Shalit, sano e salvo a casa. Oggi la missione è compiuta.


Ciò ha implicato una decisione difficile, molto difficile. Davanti a me si poneva la necessità di far tornare a casa chi viene inviato dallo Stato di Israele verso il campo di battaglia. Da soldato e comandante delle Forze di Difesa israeliane sono stato spesso inviato in missioni pericolose. Ma ho sempre saputo che, qualora io o i miei compagni fossimo stati fatti prigionieri, il governo israeliano avrebbe fatto del suo meglio per riportarci a casa; e questo è ciò che ho fatto adesso in qualità di Primo Ministro di Israele. Da leader che invia ogni giorno dei soldati a proteggere i cittadini di Israele, io credo che la “responsabilità reciproca” non sia solo uno slogan, ma che è una delle pietre angolari della nostra esistenza qui.


Ma mi si poneva di fronte anche un’altra necessità, quella di ridurre al minimo il pericolo per la sicurezza di Israele. E per questo sono stati posti due requisiti chiari. Il primo: la leadership di Hamas, che comprende dei pluriomicidi, rimarrà in carcere. Il secondo: la stragrande maggioranza dei detenuti rilasciati sarà espulsa o rimarrà al di fuori dei territori di Giudea e Samaria, in modo da impedire loro di essere in grado colpire i nostri cittadini.


Per anni Hamas ha fermamente contestato questi requisiti. Ma pochi mesi fa abbiamo ricevuto indicazioni chiare sulla disponibilità a ritirare le sue obiezioni. Per giorni e notti al Cairo è stato condotto un pervicace negoziato con la mediazione del governo egiziano. Siamo rimasti saldi sui nostri principi e, dal momento in cui è stata accolta la maggior parte dei nostri requisiti, ho dovuto prendere una decisione.


So bene che il dolore delle famiglie delle vittime del terrorismo è insopportabile. È molto difficile vedere i criminali che hanno ucciso le persone più care a queste famiglie, mentre vengono rilasciati prima di aver scontato a pieno la loro pena. Ma sapevo anche che con le circostanze politiche attuali questo era il miglior accordo che potessimo conseguire, e non vi era alcuna garanzia che le condizioni che hanno consentito il suo conseguimento vi sarebbero state anche in futuro. Allora probabilmente per Gilad non ci sarebbe stato più nulla da fare e, purtroppo, questa è un’eventualità che si è già verificata in passato.


Ho pensato a Gilad e ai cinque anni in cui ha languito in isolamento nelle celle di Hamas. Non volevo che il suo destino fosse come quello di Ron Arad. Ron è stato catturato esattamente 25 anni fa, e non è più ritornato. Mi sono ricordato della nobile Batya Arad, e della sua preoccupazione per il figlio, fino al momento in cui è mancata. Sapevo di portare una gravosa responsabilità. Conoscevo tutte le implicazioni della decisione. In momenti come questi un leader si ritrova da solo e deve prendere una decisione. Ho riflettuto e ho deciso. I Ministri del mio governo hanno sostenuto la decisione a larga maggioranza.


E oggi, in questo momento, Gilad torna a casa, dalla sua famiglia, dal suo popolo e al suo paese. Questo è il momento più emozionante. Pochi istanti fa l’ho abbracciato dopo la sua discesa dall'elicottero e l’ho accompagnato dai suoi genitori Aviva e Noam, ai quali ho detto: ho riportato vostro figlio a casa. Ma questa è anche una giornata difficile. Il prezzo pagato, seppur ridotto, è ancora pesante.


Voglio precisare: noi continueremo a combattere il terrorismo. E ogni terrorista rilasciato che dovesse tornare a compiere atti terroristici, è responsabile della propria vita. Lo Stato di Israele è differente dai suoi nemici. Qui non celebriamo il rilascio di assassini, non portando sulle spalle coloro che hanno reciso delle vite umane. Al contrario, noi crediamo nella sacralità della vita, noi santifichiamo la vita. Questa è l’antichissima tradizione del nostro popolo, il popolo ebraico.


Cittadini di Israele, negli ultimi giorni tutti noi abbiamo visto la coesione tra la gente, così come non si vedeva da tempo. E questa unità è fonte di forza per Israele, nel presente e per il futuro. Oggi tutti noi esultiamo per il ritorno di Gilad a casa, nel nostro libero paese, lo Stato di Israele. Domani celebriamo la vigilia di Simchàt Toràh. Sabato, nelle sinagoghe, assieme al brano settimanale della Genesi, leggeremo anche le parole del profeta Isaia (42,7): “Perché tu … faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”. In questo giorno io posso dire, a nome di tutti noi cittadini di Israele, nello spirito degli eterni valori del popolo di Israele: “i figli sono tornati nei loro confini” (Geremia 31,17). ‘Am Israel chài! (Il popolo d’Israele vive!)

http://rome.mfa.gov.il/mfm/web/main/document.asp?DocumentID=201221&MissionID=41

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