sabato 9 febbraio 2013

La sottile linea rossa che separa la Tunisia dal baratro. Parla Jourchi, ex consulente della Clinton

«Con l'assassinio di Choukri Belaid abbiamo oltrepassato la linea rossa», dice Salaheddine Jourchi, giornalista, ricercatore, uno dei maggiori esperti della politica tunisina, che negli anni '70 fu militante del partito islamico Ennhada e in anni recenti consulente anche dell'ex segretario di Stato Hillary Clinton. Pochi conoscono come lui dall'interno le dinamiche storiche e attuali del movimento islamico.
«La lotta politico-ideologico tra gli islamisti da una parte e i laici e i nazionalisti dall'altra si è spinta troppo avanti: anche il popolo tunisino è diviso su fronti contapposti, con gravi problemi quotidiani per la sicurezza del Paese». Una soluzione politica per rimpiazzare l'attuale governo con uno più ampio, magari includendo l'opposizione, non è semplice: il nuovo esecutivo dovrebbe concludere i lavori dell'Assemblea per la nuova costituzione e fissare la data delle elezioni parlamentari, due traguardi indispensabili per dare un minimo di stabilità ma che in questo momento appaiono lontani.

La crisi istituzionale, se non verrà risolta in tempi accettabili, rischia di affondare lo stato ereditato dal vecchio regime con la rivoluzione dei gelsomini. «Perché qui è in gioco - spiega Jourchi - una partita essenziale, quella dell'unità nazionale, una questione centrale che vale per la Tunisia come per il resto del mondo arabo dove sono cadute o stanno e per cadere le dittature, dall'Egitto alla Siria». Dopo l'indipendenza dalla Francia, ottenuta senza spargimento di sangue, il padre della patria Habib Bourghiba fondò negli anni Cinquanta uno stato secolarista dove la religione veniva messa da parte, occultata. Non si celebrava neppure il Ramadan e Bourghiba, grande ammiratore di Ataturk, chiuse anche la Zitouna, la più antica università musulmana del Nordafrica: la religione venne relegata nelle moschee e gli islamici non potevano fare politica.
Il successore Ben Alì affrontò l'ascesa del movimento di Rashid Gannouchi con la repressione, lasciando di fatto ai margini gran parte del Paese. L'unità nazionale era imposta da uno stato poliziesco e quando è crollato il regime le divisioni nascoste dall'autocrazia e dalla retorica del raìs sono affiorate per diventare adesso eclatanti. Lo stesso movimento islamico è diviso, non solo tra Ennahda e i salafiti, i più radicali e violenti, ma anche al suo interno, come dimostra la sconfessione del primo ministro Jebali. «Una parte - dice Jourchi - vuole affermare l'egemonia di Ennahda come partito di maggioranza al potere, un'altra si rende conto dell'impasse ed è disponibile a condividere il potere andando oltre l'attuale coalizione di tre partiti».
Una divisione che conferma anche Feysal Nasser, portavoce del partito: «In Ennahda ci sono sempre state posizioni diverse. Non c'è da stupirsi, fa parte delle dinamiche nel confronto tra idee. Nonostante la propaganda dell'opposizione, ci vantiamo di essere un partito democratico: dovreste leggere almeno uno dei 15 libri scritti da Gannouchi sull'argomento, ma ci criticano senza averlo mai fatto». Anche se, aggiungiamo noi, lo sceicco Rashid Gannouchi, il fondatore e il numero due dell'egiziano Yousuf Qaradawi nell'internazionale dei Fratelli Musulmani, in oltre trent'anni non ha mai fatto passi indietro, fagocitando gli oppositori.
Meno efficace è stato Gannouchi nel frenare radicali e salafiti, la vera ragione del fallimento di Ennahda come partito di governo che ha portato all'esplosione della rivolta dopo l'assassinio di Belaid. «È stato compiuto da professionisti, mi sembra chiaro - dice Jourchi - anche se non sappiamo quanto siano fondate le ipotesi di collegamento ai salafiti o Al Qaida. Certo che se in Tunisia sono scesi in campo i jihadisti non sarà quello di Belaid l'ultimo assassinio politico». Ed è esattamente questa la sottile ma decisiva "linea rossa" che separa la Tunisia dal baratro.


venerdì 8 febbraio 2013

Tunisia, più di un milione ai funerali di Belaid. Scontri, sciopero generale, paese paralizzato

Disordini nella capitale, a Sfax, a Soussa, a Gafsa, mentre migliaia di persone hanno partecipato alle esequie del leader dell'opposizione laica assassinato. Crisi di governo aperta: Ennahda ricusa il premier che aveva aperto a un governo tecnico. Al Arabiya: aggredito un altro esponente dell'opposizione. TUNISI - Nel cimitero di Djellaz, per il funerale del leader dell'opposizione Chokri Belaid, ucciso mercoldì in un agguato nei pressi della propria abitazione, ci sarebbe oltre un milione di persone. La stima, secondo Nessma Tv, è del ministero dell'Interno tunisino. Stando ad una comunicazione ufficiale del ministero, le persone presenti a Djellaz potrebbero essere un milione e 400 mila. In serata, Al Arabiya dà notizia di una nuova aggressione ai danni di un esponente dell'opposizione, Ahmed Nejib Chebbi, il fondatore del Partito Democratico Progressista. Il rito funebre di Belaid è l'evento che segna un venerdì di tensione e di disordini in Tunisia, dove il principale sindacato del paese, l'Union tunisienne generale du travail (Ugtt), ha proclamato uno sciopero generale in segno di protesta per la morte del leader dell'opposizione Chokri Belaid, ucciso mercoldì in un agguato nei pressi della propria abitazione. E dove tutti i voli da e per la Tunisia per la giornata di oggi sono stati annullati. I funerali di Belaid. Con una decisione di enorme valore simbolico, perché sancisce il rango di "martire" del Paese dell'esponente politico assassinato, la salma di Chokri Belaid è stata portata dalla casa dei genitori, a Djebel Jelloud, al cimitero di Djellaz, a bordo di un camion scoperto dell'Esercito, sul cui pianale hanno preso posto uomini della polizia militare. Nel tragitto il camion è stato seguito da una vettura sulla quale c'erano la moglie dell'esponente ucciso, Bassma, e i figli. Dietro la macchina con i familiari, una lunga coda di vetture. Tutto il tragitto percorso dal corteo è stato controllato da due elicotteri dell'esercito, che sono rimasti in volo anche dopo l'arrivo del feretro nel cimitero dove, ad attenderlo, c'erano già migliaia di persone, che battevano le mani e scandivano slogan per ricordare il leader scomparso e contro il partito di governo Ennahda. Una massa umana cresciuta a dismisura di minuto in minuto. Solo uomini, nel rispetto delle prescrizioni del Corano. Tanto che al rito funebre non ha potuto assistere neanche la moglie Bassma. Le donne potranno rendere omaggio alla tomba a partire da domani. Gli scontri. Come si temeva, a margine delle esequie e della tradizionale preghiera islamica del venerdì, si sono verificati incidenti. All'esterno del cimitero si segnalano lanci di lacrimogeni e tafferugli. Secondo la tv privata Nessma, approfittando della presenza di migliaia di persone e di centinaia di vetture parcheggiate davanti al cimitero di Djellaz, bande di giovinastri mascherati si sono lasciate andare ad atti di vandalismo e furti dalle automobili. La polizia è intervenuta in modo massiccio e ha disperso i vandali operando anche dei fermi. Il centro di Tunisi è blindato con i mezzi dell'esercito e polizia in assetto antisommossa schierati sull'Avenue Bourguiba, già teatro di scontri nei giorni scorsi e dove le forze dell'ordine sono intervenute anche oggi con manganelli e lacrimogeni contro giovani manifestanti che gridavano "vattene, vattene". Tra i manifestanti che partecipano alle manifestazioni in ricordo di Belaid, risuonano anche slogan dedicati al generale Rachid Ammar, capo delle Forze armate tunisine, chiedendogli di intervenire. Ammar è famosissimo in Tunisia per essersi opposto alla richiesta di Ben Ali di schierare l'esercito contro chi chiedeva la caduta della dittatura. Sostenitori di Ennahda stanno confluendo verso la sede del partito, nel quartiere di Montplaisir, temendo che possa essere attaccata dai dimostranti scesi in piazza dopo l'uccisione di Chokri Belaid. L'iniziativa, che secondo il sito Tunisie Numerique, pare essera stata presa d'intesa con i vertici del partito, è conseguenza delle notizie che vengono da altri punti della città (tra cui la non distante avenue Bourghiba) e che riferiscono di assembramenti di gente contraria ad Ennahda. Disordini a Gafsa, dove la polizia ha usato i lacrimogeni per disperdere i manifestanti armati di pietre e bottiglie molotov. A Sfax, migliaia di persone stanno attraversando le vie principali della città per un funerale simbolico di Chokri Belaid. Gridando slogan contro il governo ed Ennahda, la folla segue una bara vuota, sulla quale sono state poste la bandiera tunisina e una foto dell'uomo politico ucciso. Massiccia la presenza delle forze di sicurezza per il timore di incidenti, perché i sostenitori di Ennahda hanno organizzata una contro-manifestazione. I due cortei si lambiranno, probabilmente vicino alla grande moschea di Lakhmi, da tempo controllata dagli islamici più radicali. Violenti scontri sono scoppiati a Sousse, dove forze di sicurezza e manifestanti si stanno affrontando duramente nelle strade del centro cittadino. La polizia sta facendo uso massiccio di gas lacrimogeno e, riferisce il sito Tunisie Numerique, diverse persone sono state portate in ospedale perché intossicate dal fumo delle granate. Il palazzo del governatore di Jendouba è stato preso d'assalto da centinaia di persone, anche se gli organizzatori della manifestazione, che doveva essere pacifica, hanno tentato in tutti i modi di impedire che la folla facesse irruzione. In punti diversi della città sono segnalati scontri tra manifestanti e polizia, con sassaiole e lancio di lacrimogeni. Tra le centinaia di persone che hanno manifestato per ricordare Chokri Belaid si sono infiltrate decine di giovani, che approfittando dalla confusione, hanno attaccato dei negozi tentando di saccheggiarli. Testimoni citati dalle radio locali sostengono che i giovani, dopo essere stati respinti dalla polizia, si stanno organizzando con l'obiettivo di bloccare le strade della città. Alcuni di loro stanno ammassando pneumatici nelle principali strade d'accesso a Jendouba per incendiarli. Alcune persone, che hanno avuto dei malori per il fitto fumo dei lacrimogeni, hanno raggiunto l'ospedale per le prime cure. Sul fronte istituzionale, la crisi resta aperta: ieri il partito islamista Ennahda ha sconfessato il primo ministro Hamadi Jebali, che ha forzato la mano annunciando lo scioglimento dell'esecutivo per aprire la strada ad un governo tecnico. L'iniziativa, prontamente respinta dalla presidenza, ha provocato una spaccatura interna tra le fila del movimento islamico, seguita dalle accuse mosse dalla famiglia dei Belaid nei confronti del suo leader storico, Rached Ghannouchi, reo di essere "il mandante dell'esecuzione". Il giorno dopo, nelle ore successive ai funerali di Belaid, Jebali ha ribadito le sue posizioni, dicendosi deciso a formare un governo di tecnici, nonostante la contestazione di Ennhada. "Resto sulla mia decisione di formare un governo di tecnici e non avrò bisogno dell'avallo dell'assemblea costituente", ha affermato Jebali, citato dall'agenzia ufficiale Tap. Nella notte, ai disordini è giunta la ferma condanna del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, secondo cui, pur essendoci stati progressi importanti nella transizione del paese "resta ancora molto da fare per quanto riguarda il processo costituzionale e per soddisfare le esigenze economiche e sociali della popolazione". A Ban si unisce l'appello congiunto dell'alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, e del commissario europeo alla politica di vicinato, Stefan Fule, a fermare le violenze: "In Tunisia occorre fare tutto il possibile per mettere fine agli atti di violenza politica commessi dagli estremisti, che minacciano il processo di transizione democratica". (08 febbraio 2013)