domenica 24 giugno 2012

La Nato, su richiesta di Ankara, ha convocato per martedi un incontro a Bruxelles per discutere dell'abbattimento di un caccia turco da parte della contraerea siriana e delle possibili reazioni del Patto Atlantico. La richiesta turca e' stata inoltrata invocando l'articolo 4 del Patto Atlantico, secondo cui un attacco contro un paese membro dell'alleanza e' un attacco contro tutti. Polveriera mediorentale a rischio di esplodere, dunque? Sulla carta - e nel contesto delle tensioni per i massacri siriani - la notizie potrebbe dare l'idea di un attacco contro Damasco. Autorevoli fonti diplomatiche raccolte da il Sole 24 Ore tuttavia escludono un'azione militare - "immediata o imminente" - e suggeriscono invece un coinvolgimento del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per considerare nuove sanzioni contro Damasco, quelle si' il possibile preambolo di un intervento esterno per "prevenire gli eccidi di una guerra civile in Siria". La Francia e gli Stati Uniti avevano chiesto un incontro del consiglio di Sicurezza contro la Siria dopo i piu' recenti eccidi per mano dal governo di Bashar Assad gia' un paio di settimana fa. Ieri si e' aggiuntoil ministro degli esteri britannico Hague, questa volta aggiungendo il dossier attacco contro la Turchia. La Siria ha a sua volta reagito denunciando ieri che "terroristi" si inflrtano nel suo territorio in arrivo dalla Turchia. Siamo tuttavia ancora nel mezzo di una partita diplomatica a tutto campo, difficile, certamente pericolosa. Una partita che va molto oltre Siria e il recente attacco contro il caccia turco. Una partita che che mette in gioco lo scudo antimissile formalizzato durante il recente vertice Nato di Chicago, l'intero scacchiere mediorentale, la Russia, strenuo difensore di Damasco e l'Iran, alleato siriano, a sua volta controparte di un inconcludente negoziato per le sue palesi violazioni degli accordi contro la proliferazione nucleare. Cominciamo dai fatti piu' recenti. La Turchia ha chiesto oggi la convocazione di una consultazione della Nato in base all'Art. 4 dopo l'abbattimento di un suo caccia Phantom F-4 da parte della contraere siriana. La richiesta e' stata accolta. In preparazione degli incontro di martedi', Il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha ammesso, sempre oggi, che il caccia ha in effetti violato le acque territoriali siriane, ma solo brevemente e certamente non in profondita'. Il ministro turco ha anche sottolineato che quando e' stato abbattuto il caccia turco era in acque internazionali e non e' mai stato avvertito. La Siria sostiene che il caccia era in acque territoriali siriane e che la contraeare ha agito senza conoscere l'identita' dell'aereo. Ma per dare un quadro completo della complessita' della situazione, occorre rilevare che il caccia era decollato dalla base turca Malatya-Erhac la sede del nuovo sistema radar anti-missile che dovrebbe proteggere l'Europa da possibili attacchi nucleari iraniaiani. I nuovi sistemi antimissile sono stati formalmente approvati durante il vertice della Nato di Chicago del 20 /21 maggio scorso. In quell'incontro si e' formalizzato che quattro paesi membri, Turchia, Polonia, Spagna e Romania ospiteranno basi radar per intercettare i possibili attacchi dei missili e piattaforme di lancio per missili antimissile. Il sistema tuttavia non sara' pronto nella sua forma completa prima del 2018. A Chicago, quando ho seguito il vertice Nato, ho percepito la forte tensione attorno alla vicenda antimissile anche perche' due giorni prima, con un plateale gesto di freddezza/protesta (proprio in contestazione del successivo vertice Nato) il leader russo Vladimir Putin aveva disertato il vertice del G8 a Camp David e aveva inviato in sua vece il primo ministro Dimitri Medvedev. La questione dello scudo antimissile e' uno dei grandi contenziosi Est/Ovest, ha riacceso polemiche, minacce di ritorsioni recproche e venti di guerra Fredda fra Washington e Mosca. La Russia protesta. Sostiene che il rischio di attacchi nucleari iraniani, molto lontani nel tempo, siano una scusa e afferma che non solo il sistema altera gli equilibri centrali della deterrrenza, ma puo' essere puntato contro gli arsenali nucleari russi. di Mario Platero Vladimir Putin sta per arrivare in Medio Oriente dove avra' incontri storici anche in Israele. Il leader russo si rende conto che con gli sviluppi recenti su Siria e Iran, rischia di perdere due alleati chiave nel contesto del calderone mediorentale. Vuole dare un forte messaggio non solo di presenza, ma anche di inevitabilita' di un ruolo centrale di Mosca nella regione, sia adesso in fase negoziale, che dopo se e quando la questione Siria/Iran si sara' stabilizzata. Possibile che l'attacco contro il caccia turco sia stato deciso dalla Siria dopo una consultazione con Mosca, suo grande alleato, che mantiene nel paese mediorentale una base navale? E l'Iran ? Di sicuro continua a svolgere un ruolo centrale in questa partita. Ora la Russia suggerisce un gruppo di contatto con la Siria e chiede, con una provocazione inaccettabile per Washington, che Theran faccia parte dei negozati. Sul fronte atomico poi, Theran procede rapidamente nel processo di arricchimento dell'uranio per poter armare testate nucleari. Lo sviluppo preoccupa Israele, che minaccia un attacco contro i centri nucleari iraniani. L'America e' riuscita ad ottenere sanzioni contro l'Iran dal consiglio di Sicurezza dell'Onu, ha convinto Israele ad attendere. Le sanzioni partiranno ai primi di luglio. Nel frattempo il gruppo 5+1 sta negoziando senza successo con Theran un accordo per consentire agli ispettori della Iaea di avere accesso agli impianti iraniani e verificare quel che sostiene Theran e cioe' che gli impianti nucleari hanno unicamente uno scopo pacifico. L'ultimo incontro a Mosca, in coincidenza con il G20 di Los Cabos, si e' chiuso con un nulla di fatto. E le sanzioni contro Theran partiranno fra una settimana circa. Avranno davvero conseguene? Serviranno a bloccare lo sviluppo di armi atomiche? La risposta, ovvia e' no. L'Iran e' ormai vicinissimo a poter armare una bomba atomica. Che cosa fara' Israele in questo contesto se i negoziati del 5+1 (le grandi potenze piu' la Germania) con l'Iran falliranno del tutto. E' questa la seconda polveriera mediorenatale che potrebbe esplodere. Con quali conseguneze sulla fragilita' psicologica dei mercati, gia' messa a dura prova dalla crisi finanziaria? http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-24/dopo-attacco-siriano-turchia-144703.shtml?uuid=AberfSxF

domenica 17 giugno 2012

L'Egitto al bivio tra Islam e regime

Ugo Tramballi IL CAIRO. Dal nostro inviato «Abbasso il prossimo presidente». Forse è il grido orgoglioso di una rivoluzione permanente ma è probabile sia un'ammissione: quella di essere finiti in un vicolo cieco. Ieri era venerdì, giorno di manifestazioni per eccellenza in piazza Tahrir; oggi si vota per scegliere il primo presidente eletto democraticamente. Così almeno si presume. Ma la piazza che un tempo sembrava troppo piccola per contenere la Primavera egiziana, oggi è troppo grande per accoglierne i resti. I seggi si aprono tutti alla stessa ora questa mattina e chiuderanno domani sera. Al primo turno e alle legislative di gennaio l'orario era stato allungato di un paio d'ore. Questa volta tutto dovrebbe finire entro le 20 perché si attende un forte astensionismo. La scelta uscita dal primo turno di tre settimane fa è tra due estreme: l'ex generale di Mubarak Ahmed Shafik e il fratello musulmano Mohamed Morsi. Il vecchio contro un nuovo pieno d'incognite. Il favorito sembra Shafik. Il suo messaggio, ordine e sicurezza, ha avuto un particolare successo dopo 16 mesi di disordini e incertezze. Lo Scaf, la giunta militare che guida la transizione punta su di lui. Morsi, una seconda scelta del movimento islamico che aveva in mente un leader diverso, sembra in calo. Ma la fratellanza ha un apparato organizzativo senza uguali in Egitto (a parte i militari). E soprattutto il golpe bianco fatto giovedì dai militari potrebbe cambiare alcune cose. Le opposizioni detestano e temono i Fratelli musulmani quanto il vecchio regime, ma la chiusura del Parlamento ordinata dalla Corte costituzionale preoccupa di più. Salafiti estremisti, islamisti più moderati e ora anche il 6 Aprile, il movimento originario di piazza Tahrir, dicono ai loro di votare Morsi. Ma non è così certo che siano ascoltati. Accettando le decisioni della Corte, ieri Morsi prometteva che se il voto non sarà trasparente, la fratellanza «potrebbe incominciare una seconda rivoluzione». Tutti ricordano che nella prima, quella iniziata nel gennaio 2011, gli islamisti non c'erano. Per essere più credibile, Morsi ha promesso che in caso di vittoria distribuirà posti e incarichi ai non islamisti. Ma il profumo della vittoria sembra si respiri nel campo di Ahmed Shafik, cioè di un vecchio regime ripulitosi dalle tossine del recente passato. Ieri sera in piazza Tahrir, quell'"abbasso" a chiunque domani sera sarà presidente era il segno del nichilismo dei perdenti. «In Egitto abbiamo vissuto un periodo rivoluzionario governato dalle forze anti-rivoluzionarie, cioè dallo stesso regime contro il quale la gente si era ribellata», diceva con disarmante stupore un manifestante in piazza. La sera prima a poche centinaia di metri, nel salone delle feste di un grande albergo sul Nilo, Ahmed Shafik incontrava la sua gente. Niente slogan né bandiere. La borghesia, gli uomini d'affari, i dirigenti di Stato, non gridano né si agitano. C'erano anche una rappresentanza dei contadini del Delta e dei beduini del Sinai, per dare un'idea d'Egitto nel suo insieme. Ma soprattutto in sala c'era la maggioranza silenziosa, composta ed elegante. E c'era l'argenteria del regime militare che ha governato l'Egitto negli ultimi 60 anni: Jehan, la vedova di Anwar Sadat, la figlia più giovane di Gamal Nasser, nipoti dell'uno e dell'altro. Sul palco hanno parlato in tanti, prima dell'ospite d'onore della serata organizzata dalla Camera di commercio egitto-canadese. Solo Jehan ha ricordato il coraggio dei giovani di piazza Tahrir: per tutti gli altri la rivoluzione era ormai archiviata. Una certezza di vittoria, riempiva la sala. Ma nessuno ha citato Hosni Mubarak al quale avevano tutti obbedito per 30 anni. Come se il successore di Nasser e Sadat non avesse mai fatto parte di quell'argenteria nazionale. Sta per nascere uno strano Egitto: non proprio come quello vecchio ma nemmeno nuovo. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-16/legitto-bivio-islam-regime-081400.shtml?uuid=Ab3xL8sF

lunedì 4 giugno 2012

Siria, Assad va all'attacco: «La guerra è orchestrata dall'estero»

ROMA - A quasi cinque mesi dal suo ultimo discorso e dopo 15 mesi di rivolte e repressione, il presidente siriano Bashar al Assad è tornato oggi a far sentire la sua voce. Per un'ora, in Parlamento, ha affrontato le questioni legate alla crisi del suo Paese, ha negato qualunque coinvolgimento nel massacro di Hula (25 maggio, 108 uccisi), ha accusato «forze straniere» e «terroristi» di essere all'origine dell'attuale situazione. E ha affermato di essere deciso a porvi fine. Un discorso ai suoi parlamentari ma, anche, una risposta a Kofi Annan, inviato dell'Onu e della Lega Araba, che proprio ieri aveva denunciato il rischio «di una guerra civile a tutto campo», affermando che il mondo ha bisogno di vedere azioni e non solo di sentire parole da parte del presidente. Assad ha definito «abominevole» e «mostruosa» la carneficina di Hula e ha reso omaggio «a tutti i martiri, civili e militari». Poi l'attacco agli stranieri con l'affermazione che il suo Paese sta fronteggiando un «piano di distruzione», «una vera guerra orchestrata dall'estero». E l'assicurazione che non ci sarà resa: «Il terrorismo - ha detto - verrà fermato». «Abbiamo cercato di usare ogni mezzo politico per uscire dalla crisi», ha continuato Assad, aggiungendo che però chi sta dietro al «terrorismo ha una missione da compiere e non si fermerà fino a quando non l'avrà compiuta. O quando noi riusciremo a fermarli... Non ci saranno compromessi». Parole decise, pronunciate con calma e poi ulteriormente spiegate. Non ci sarà alcun dialogo con gli oppositori «legati con l'estero». Allusione al Consiglio nazionale siriano (Cns), principale componente dell'opposizione che peraltro a sua volta rifiuta di avviare qualunque dialogo se Assad non si ritirerà. Tant'è che il commento rilasciato alla France Presse è stato lapidario. Il discorso di Assad, secondo Samir Nashar, indica la chiara volontà «di continuare la repressione nel sangue e di soffocare l'opposizione a qualunque costo». Anche oggi, un bilancio fornito dagli attivisti parla di sette persone uccise ad Aleppo, Hama e Damasco da colpi d'arma da fuoco. Inoltre decine di civili sarebbero stati feriti in bombardamenti a Duma, vicino alla capitale. Al discorso di Assad ha reagito anche la sunnita Arabia Saudita, da sempre estremamente critica nei confronti dell'alawita presidente siriano. Il ministro degli Esteri Saud al Faizal ha accusato Assad di «manovrare» per «guadagnare tempo» e ha proposto «la creazione di una zona cuscinetto in Siria». Gli ha fatto eco la Turchia, con il premier Recep Tayyip Erdogan che ha accusato il presidente siriano di comportamento «autocratico». «Finora non ho visto - ha detto - un approccio democratico alle riforme». Intanto oggi anche in Libano vi sono stati morti in nuovi scontri tra sostenitori e oppositori di Assad. Almeno 4 nei pressi di Tripoli (nord libanese) hanno fatto salire a 14 il bilancio delle vittime da ieri mattina. http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/siria_assad_va_allattacco_la_guerra_orchestrata_dallestero/notizie/200115.shtml