sabato 24 dicembre 2011

La Siria come l’Iraq: gli attentati a Damasco ampliano la crisi del regime di Bashar Assad

L'analisi di Gianandrea Gaiani

Gli attentati contro le sedi dei servizi segreti militari e di polizia nel quartiere centrale Kufr Susa a Damasco rappresentano un’ulteriore escalation della crisi in atto in Siria che sta progressivamente internazionalizzandosi.

Sul piano tecnico, aldilà del bilancio delle vittime e dei feriti, gli attentati sono stati eseguiti con modalità finora inedite nella rivolta siriana ormai degenerata in guerra civile. Due kamikaze a bordo di auto imbottite di esplosivo si sono fatti esplodere contro i comandi dell’intelligence uccidendo “civili e soldati” ha riferito la tv di Stato, affermando che dietro gli attacchi vi è la mano di Al Qaeda. Nel mirino due basi dei servizi di sicurezza. Un attivista dell’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito anche di una sparatoria subito dopo le detonazioni, aspetto che ricorda le azioni dei miliziani di Al Qaeda in Iraq o dei commando talebani afghani composti da attentatori suicidi e miliziani.

“Le indagini iniziali indicano che si tratta di Al Qaeda”, ha riferito la tv del regime siriano mentre Riad Asaad, capo del Libero Esercito Siriano dei rivoltosi, ha condannato dal suo comando in Turchia ha prima affermato che i militari ribelli non sono in alcun modo coinvolti negli attacchi per poi aggiungere ad Al Jazeera che “c’è il regime dietro gli attentati compiuti questa mattina a Damasco” sostenendo che “fanno gli interessi del regime” il quale può dimostrare agli osservatori della Lega araba giunti ieri in Siria che il governo deve affrontare un’ondata terroristica.

Nessuna ipotesi può essere esclusa ma non è improbabile che Al Qaeda voglia fare la sua parte in un conflitto che vede i movimenti sunniti siriani combattere contro il regime sostenuto dagli sciiti alawiti e legato all’Iran. Del resto le cellule dell’organizzazione terroristica sono massicciamente presenti (e attive, come si è visto anche nei giorni scorsi) in Iraq e in Libano, cioè ai confini con la Siria e proprio il governo di Beirut avrebbe “messo in guardia Damasco due giorni fa sull’infiltrazione in Siria di uomini di Al Qaeda” come ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri siriano.

Non a caso tutti i Paesi arabi sunniti (ad esclusione dell’Iraq che vede al governo i partiti sciiti) stanno valutando di chiudere le proprie ambasciate a Damasco completando l’isolamento della Siria, forse anche in vista di un intervento internazionale che potrebbe essere richiesto dalla Lega Araba e che pare in preparazione in Turchia. Ryadh ha già deciso di chiudere la propria ambasciata ufficialmente a causa delle violenze e della repressione attuata dal regime di Bashar Assad. Vale la pena ricordare che nel marzo scorso i sauditi mostrarono un atteggiamento opposto inviando proprie truppe in appoggio all’emiro sunnita del Bahrein, Hamad bin Isa al-Khalifa, impegnato a reprimere una rivolta popolare della maggioranza sciita.



Gianandrea Gaiani ha seguito tutte le missioni italiane degli ultimi 20 anni. Dirige Analisi Difesa, collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio e Libero ed è opinionista del Giornale Radio RAI e Radio Capital. Ha scritto Iraq Afghanistan: guerre di pace italiane

23 Dicembre 2011

http://blog.panorama.it/mondo/2011/12/23/la-siria-come-liraq-gli-attentati-a-damasco-ampliano-la-crisi-del-regime-di-bashar-assad-lanalisi/