mercoledì 22 luglio 2009

VINCERA’ IL POPOLO


PARLA SHIRIN EBADI, L’IRANIANA PREMIO NOBEL PER LA PACE


VINCERA’ IL POPOLO

“QUESTA E’ LA RIVOLUZIONE DELLA GENTE, IN IRAN SI E’ ORMAI DIFFUSA UNA MENTALITA’ DEMOCRATICA CHE FINIRA’ CON L’IMPORSI “.
“SONO LAICA MA IN CARCERE HO PREGATO MOLTO”.

Shirin Ebadi è stata il primo magistrato donna dell’Iran. Con la Rivoluzione del 1979 le fu revocata l’autorizzazione e solo nel 1992 le è stata data la possibilità di aprire uno studio di avvocato. Da allora difende, gratuitamente, i perseguitati politici e le vittime del regime. Come Zahra Bani-Yaghub, 27 anni, medico. Sedeva in un parco con il suo fidanzato quando fu arrestata dagli agenti della “buoncostume”. Due giorni dopo il corpo fu restituito alla famiglia: suicidio. Shirin Ebadi è riuscita a dimostrare che nella cella dove si trovava era impossibile impiccarsi. Anche per questo nel 2003 le è stato confermato il premio Nobel per la pace.
La Ebadi è arrivata in Italia grazie alla Fondazione “Alexander Langers” e ha parlato alla regione Toscana, al Senato e alla Camera. Continuerà a sensibilizzare gli animi su quanto sta accadendo, poi tornerà in Iran, dove per lei potrebbe iniziare una nuova stagione di lavoro oppure aprirsi la porta del carcere.
“Sono già stata in carcere. Mi hanno sempre tenuta in isolamento. Per fortuna sono di piccola statura, altrimenti non mi sarei potuta sdraiare nel buco di cemento dov’ero rinchiusa. Non ci davano un cuscino, un libro, nulla. Non c’erano finestre e la luce era sempre accesa, così si perdeva anche la cognizione del tempo. Alla fine si cominciano ad avere le allucinazioni: gli psicologi la chiamano “tortura bianca” “.

Nell’immaginario di molti, l’Islam corrisponde al male. Combattere il regime significa combattere l’Islam?

“La divisione tra religione e Stato è imprescindibile, lo dimostra il fallimento della Rivoluzione iraniana. In tal senso sono assolutamente laica. Da un altro punto di vista, però, sono molto legata alla mia estrazione musulmana. Nutro un profondo rispetto per la religione e, insieme a me, anche gli iraniani che ogni notte gridano “Iddio è grande” dai tetti delle case. Io non sarei sopravvissuta al carcere se non avessi potuto pregare. Laicità non significa disprezzo per la fede, anzi. E’ il solo modo per difendere la religione dalle strumentalizzazioni del potere”.

All’inizio lei ha sostenuto la Rivoluzione, poi ne ha preso le distanze…

“Innescare cambiamenti politici con rivoluzioni è inaccettabile, comporta un prezzo di sangue troppo alto e ingiustizie intollerabili. Però devo ammettere che ci sono stati anche risultati positivi nella coscienza del nostro popolo. Prima del 1979, l’Iran era asservito alla politica statunitense, una condizione di sudditanza che aveva fatto perdere alla popolazione ogni fiducia nel Paese. Con la Rivoluzione gli iraniani sono tornati ad essere artefici del proprio destino”.

Nel 1980 Khamenei, grande nemico di Moussavi, ha preso il posto di Khomeini come Giuda suprema.

“Khomeini aveva un carisma che l’attuale Guida non potrà mai avere”.

C’è chi ritiene che Moussavi, primo ministro dal 1980 al 1989, sia troppo legato all’establishment per guidare l’Iran a un cambiamento profondo.

“Non sono i politici i protagonisti della contestazione ma il popolo. La democrazia è una cultura, non si può imporre ma si sviluppa tra la gente. Gli ultimi avvenimenti hanno creato e diffuso in Iran una mentalità democratica che alla fine arriverà a imporsi. E’ solo questione di tempo. Alcuni politici potrebbero aiutare il processo, altri ritardarlo, ma bisogna lasciare al popolo l’iniziativa di scegliersi i propri rappresentanti”.

Lei entrerà in politica?

“Non sono un politico ma un difensore dei diritti umani. I politici sono alla testa del popolo, devono interpretarne le esigenze e guidarli verso la loro realizzazione. Io mi colloco dietro al popolo e la mia funzione è di controllare che i politici rispettino i diritti fondamentali della gente”.

L’idea di far coincidere lo sciopero generale con il periodo tradizionale di ritiro spirituale in moschea è molto significativa. Quali saranno adesso i prossimi passi della contestazione?

“E’ presto per dirlo. Però adesso tutti dovrebbero aver capito che l’Islam è contro la frode e le bugie, l’uccisione di innocenti, l’incarcerazione di 1.200 persone, in massima parte giovani. Nei filmati si vede che i cecchini hanno ucciso sparando dal tetto di palazzi governativi e la polizia ha attaccato alle tre di notte il dormitorio degli studenti universitari, facendo 5 vittime. Il regime non ha più giustificazioni dal punto di vista religioso e ha perso ogni credibilità dal punto di vista politico. D’altra parte il popolo non è solo, sempre più spesso i religiosi si schierano con i democratici. Anche l’Associazione degli insegnanti del seminario di Qom, una delle più importanti città sante, ha messo in dubbio l’imparzialità del Consiglio dei guardiani, che ha ratificato il risultato delle elezioni. I religiosi hanno anche chiesto che siano rilasciati gli arrestati e puniti coloro che hanno ordinato i pestaggi e le uccisioni”.

Cosa si aspetta da Europa e Usa?

“Più senso di responsabilità. Da quando si è saputo che Nokia e Siemens hanno venduto al regime la tecnologia per controllare l’identità degli utenti della Rete, suggerisco di boicottare i cellulari Nokia. Stiamo pensando di ricorrere contro le multinazionali in sede UE e Onu. Devono capire il male che hanno fatto. Gli agenti del regime hanno bloccato la mia casella di posta elettronica e l’hanno utilizzata per inviare false email a mio nome. Hanno creato un finto sito democratico, invitando le vittime dei pestaggi a denunciare le violenze, fornendo i loro nomi e cognomi, quindi li hanno tutti arrestati. Hanno imprigionato persino Ebrahim Yazdi, un oppositore di quasi ottant’anni, mentre era ricoverato in ospedale. La comunità internazionale è per noi importante. Vorremmo nuove elezioni sotto controllo dell’Onu. Quando l’Iran aderirà al Tribunale penale internazionale, io potrò andare in pensione. Però occorre che le istituzioni internazionali assumano fino in fondo il loro ruolo di garanti”.

Famiglia Cristina n° 28/2009, a cura di Ahmad Gianpiero Vincenzo.

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