sabato 4 luglio 2009

SIRIA - USA: LA SVOLTA?


La Siria è un importante Stato nello scacchiere mediorientale, ai tempi dell’Amministrazione Bush i siriani erano stati indicati come i reggenti di uno “Stato canaglia”. Il presidente siriano, Bashar al Assad , subentrato dopo la morte del padre, ha ereditato un paese dove necessitavano importanti riforme. Inizialmente, il presidente, aveva lanciato segnali in tal senso, basti pensare ad una stampa non più costretta a celebrare i fasti del regime o all’apertura di dibattiti politici e culturali nel proprio paese. Ben presto, però, il partito/Stato Baath con una nomenclatura ingessata in chiusure ideologiche fece sentire tutto il suo peso e la sua potente forza. In poco tempo dalla “Primavera di Damasco” si era passati ad un periodo molto buio.
Lo stesso Assad riferisce, nel corso di un’intervista al settimanale l’Espresso del 15 maggio 08, che “E’ inevitabile che sorgono contrasti quando si inizia un processo di rinnovamento a ritmi incalzanti. Questo conflitto all’interno del Baath è però già stato risolto nel congresso del 2005,[…] Ammetto che non tutto è stato ancora realizzato. Sul fronte della corruzione, per esempio, abbiamo ottenuto buoni risultati al vertice della piramide. Ma molto rimane da fare alla base, a causa di uno sviluppo amministrativo troppo lento”.
Con la nuova amministrazione USA, grazie ai primi interventi di Barack Obama: disimpegno dall’Iraq, chiusura del carcere di Guantanamo e discorso al Cairo, l’America si è presentata con una nuova credibilità e come una forza politica quindi non più come solo una forza militare. Un nuovo clima di speranza si è instaurato, tanto che Assad ha invitato Obama a recarsi per una visita in Siria. Assad non fissa paletti, dice di voler “parlare della pace nella regione” e sottolinea che “ogni vertice tra capi di stato è positivo anche se non si è d’accordo su tutto, si possono accorciare le distanze”.
E’ evidente che il presidente siriano cerca nella mediazione americana un aiuto concreto per far uscire dall’impasse il groviglio mediorientale. Un groviglio che vede la questione siro-israeliana e la questione israelo–palestinese ancora da risolvere.
Dal ’91 in poi, la questione siro-israeliana è stata, al centro di vari tentativi di dialogo e negoziazioni da parte dei rispettivi governi. I territori delle Alture del Golan e delle Fattorie di Shebaa sono stati al centro di negoziazioni, ma ancora ad oggi restano delle divergenze territoriali e sulla sicurezza dei due gli attori. Sulla questione palestinese, ancora oggi restano problemi ma è chiaro che la formazione di uno Stato di Palestina (Gaza e Cisgiordania) con il giusto riconoscimento è la soluzione. Il principio dei due popoli per due Stati con i diritti riconosciuti deve essere irreversibile.
La storia dei negoziati ha mostrato che scegliere solo di affrontare una sola questione senza concentrarsi nella sua globalità, e di conseguenza accantonare l’altra seppur temporaneamente, ha degli effetti molto negativi sia sull’approccio diplomatico che sulla disposizione dell’opinione pubblica verso gli inevitabili compromessi.
Con l’invito di Assad ad Obama, ed una eventuale visita di quest’ultimo, il presidente americano potrebbe dare attraverso la sua credibilità quella forza necessaria per riuscire ad infrangere i tabù, nei quali solo i falchi di tutte le parti interessate hanno da guadagnare, per far decollare la pace che l’intera regione merita.

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