domenica 8 settembre 2013

Riflessioni sulla Siria



In Siria  si combatte la prima guerra mondiale su scala locale. Dico mondiale perché vi sono coinvolti  le massime potenze internazionali e regionali.
La rivolta siriana, iniziata come un movimento di forte protesta non violento, ben presto si è indirizzata verso la militarizzazione, sia per interventi di bande straniere che per risposta del regime.
Gli schieramenti contrapposti sono, da un lato, formati da coloro che appoggiano il regime (Iran, Russia e Hezbollah libanesi); dall’altro, coloro che agiscono per la caduta di Bashar Assad (le petromonarchie del Golfo, America e, seppur con vari distinguo, l’U.E.). In particolare è notevole, a livello regionale, l’interessamento dell’Arabia Saudita e della Turchia per interessi geopolitica e strategici.
Il regno di Casa Saud vede nella caduta di Assad il ridimensionamento della Mezzaluna sciita,  composta da Libano, Siria, Iraq e Iran,  a favore del proprio prestigio di vero “baluardo e difensore del vero Islam”. Insomma il ripetersi dell’antica diatriba tra sunniti e sciiti.
La Turchia, invece, vede la possibilità di una penetrazione strategica nel sud-est asiatico, in ottemperanza alla dottrina politica del proprio ministro degli Esteri, Davutoglu. Tutto ciò ha portato alla formazione di diverse sigle di opposizione, divise tra loro in quanto non aderiscono ad una piattaforma politica comune.
Le maggiori sono: il Consiglio nazionale siriano, di base a Istanbul, formato per la maggioranza dai Fratelli musulmani siriani; il Comitato di coordinamento nazionale per il cambiamento democratico, tendenzialmente di sinistra; il Forum democratico siriano, anch’esso di sinistra; la Coalizione nazionale siriana, che mira a incorporare tutte le componenti di opposizione. Agiscono, anche, alcune componenti inserite nella lista nera del terrorismo, poiché in questo conflitto vi sono organizzazioni jihadiste. Difatti combattono in Siria in nome del “Bilad al-Sam”, ovvero il nome storico della capitale –oggi Damasco- del primo califfato islamico, nonché la terra dove un giorno avverrà il “Giorno del  giudizio” (yawm al-qiyama) con lo scontro tra le forze del bene e del male.
Un conflitto eterogeneo, che vede oggi, la possibilità di un intervento militare americano in Siria. Intervento fortemente osteggiato da Putin tanto che nelle acque del  Mediterraneo si muovono le navi da guerra americane e russe come ai tempi della guerra fredda. La risposta militare in un quadro così frammentato non farebbe altro che allargare il conflitto con conseguente rappresaglia su Israele e l’alta possibilità di far esplodere la guerra civile in Libano. Inoltre si creerebbe quel vuoto di potere che potrebbe essere colmato da altri attori estremisti

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