sabato 15 settembre 2012

Film su Maometto, rabbia islamica L'Onu condanna attacchi e violenze Al Qaeda: colpite le ambasciate Usa

Rimane alta tensione in tutto il Medioriente dopo gli attacchi. Obama: proteggete i cittadini Continuate le manifestazioni contro il film anti-Islam. E attaccate quante più ambasciate Usa potete, in Medio oriente, Africa e Occidente. Questo a grandi linee il messaggio che Aqma, la cellula di al Qaida nella penisola araba ha lanciato a tutti i musulmani, come rende noto Site, il sito di base negli Usa che monitora le attività dei gruppi jihadisti sul web. Tutto questo mentre dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu arriva la condanna più ferma della serie di attacchi e violenze contro i consolati a stelle e strisce e degli altri Paesi occidentali avvenuti non solo nel nord Africa, ma anche in Asia e Australia. «Atti ingiustificabili qualsiasi siano le loro motivazioni», si legge nella nota, con riferimento alla pellicola che ha scatenato l’ira degli islamici, in cui si ricorda anche i principi fondamentali che tutelano l'inviolabilità delle sedi diplomatiche. La pellicola "blasfema" Al centro della disputa il film prodotto negli Stati Uniti, giudicato blasfemo perché insulterebbe Maometto, contro cui il mondo arabo fondamentalista ha indetto una «crociata». L’intenzione è quella di colpire obiettivi-chiave: funzionari e delegati delle ambasciate in primo luogo. Per questo migliaia di persone negli ultimi giorni sono scesi in piazza Nord Africa al Sud-Est asiatico, nel primo venerdì di preghiera dopo la messa in rete su Youtube della pellicola che è costata la vita all’ambasciatore americano in Libia, morto martedì notte insieme a tre connazionali. Perfino a Sidney hanno sfilato in oltre cinquecento al grido di «Decapitazione per tutti quelli che insultano il Profeta». In Sudan Epicentro degli scontri di ieri è stato Khartoum, in Sudan, dove sono finite nel mirino le sedi diplomatiche di Germania e Regno Unito. Proprio qui ci sono stati tre dei 10 morti rimasti sul terreno negli scontri - in alcuni casi violentissimi, in altri più blandi - con le forze di sicurezza intervenute a impedire saccheggi e vandalismi e a fermare gli assalti con ampio uso di gas lacrimogeni e idranti, ma anche sparando ad altezza d’uomo. E se i militari britannici sono riusciti a difendere i loro edifici, i tedeschi non sono riusciti ad arginare la furia dei manifestanti che premevano per entrare nel compound, mentre agitavano i vessilli neri dell’integralismo. Le vittime Intanto, riparte la conta delle vittime. Secondo il sito Tunisie Numerique, che cita fonti ospedaliere, è salito a quattro quello dei morti nella capitale, mentre in Libano un uomo è rimasto ucciso dalle forze di sicurezza dopo aver dato l’assalto a un fast food americano a Tripoli, seconda città del Paese. Difficile anche la situazione al Cairo, benchè i Fratelli musulmani del presidente Mohamed Morsi avessero ritirato un loro precedente appello a scendere in piazza in tutto l'Egitto. Centinaia di persone hanno continuato per tutta la giornata a fronteggiare la polizia, schierata massicciamente a protezione dell’ambasciata americana. E in serata è stato trovato nei pressi di una moschea il cadavere di un giovane. L'ira del mondo arabo Washington non perde tempo e, dopo aver inviato marines e droni a Bengasi in Libia, ha comunicato la spedizione di altri militari a protezione delle installazioni occidentali nella capitale yemenita Sanaa, dove le autorità sono nuovamente intervenute in forze con lacrimogeni e idranti. Ma le dimostrazioni di massa "globali" sono stati veramente molte, dal’Iran all’Iraq, dal Marocco alla Nigeria passando per Mauritania e Kenya, ma anche all'Algeria, dove il governo ha tagliato alla radice il problema, vietando e impedendo qualunque tipo di assembramento. In Asia, dopo l'Iran, la protesta più imponente ha visto diecimila persone in piazza a Dacca, in Bangladesh: anche qui bandiere americane e israeliane bruciate oltre a slogan rabbiosi contro «gli insulti al nostro grande profeta». Come in numerose città del Pakistan o dell’Afghanistan, a Giakarta in Indonesia o in India, a Madras, dove 86 persone sono state arrestate mentre marciavano verso il consolato Usa. http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/468680/

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