domenica 17 giugno 2012

L'Egitto al bivio tra Islam e regime

Ugo Tramballi IL CAIRO. Dal nostro inviato «Abbasso il prossimo presidente». Forse è il grido orgoglioso di una rivoluzione permanente ma è probabile sia un'ammissione: quella di essere finiti in un vicolo cieco. Ieri era venerdì, giorno di manifestazioni per eccellenza in piazza Tahrir; oggi si vota per scegliere il primo presidente eletto democraticamente. Così almeno si presume. Ma la piazza che un tempo sembrava troppo piccola per contenere la Primavera egiziana, oggi è troppo grande per accoglierne i resti. I seggi si aprono tutti alla stessa ora questa mattina e chiuderanno domani sera. Al primo turno e alle legislative di gennaio l'orario era stato allungato di un paio d'ore. Questa volta tutto dovrebbe finire entro le 20 perché si attende un forte astensionismo. La scelta uscita dal primo turno di tre settimane fa è tra due estreme: l'ex generale di Mubarak Ahmed Shafik e il fratello musulmano Mohamed Morsi. Il vecchio contro un nuovo pieno d'incognite. Il favorito sembra Shafik. Il suo messaggio, ordine e sicurezza, ha avuto un particolare successo dopo 16 mesi di disordini e incertezze. Lo Scaf, la giunta militare che guida la transizione punta su di lui. Morsi, una seconda scelta del movimento islamico che aveva in mente un leader diverso, sembra in calo. Ma la fratellanza ha un apparato organizzativo senza uguali in Egitto (a parte i militari). E soprattutto il golpe bianco fatto giovedì dai militari potrebbe cambiare alcune cose. Le opposizioni detestano e temono i Fratelli musulmani quanto il vecchio regime, ma la chiusura del Parlamento ordinata dalla Corte costituzionale preoccupa di più. Salafiti estremisti, islamisti più moderati e ora anche il 6 Aprile, il movimento originario di piazza Tahrir, dicono ai loro di votare Morsi. Ma non è così certo che siano ascoltati. Accettando le decisioni della Corte, ieri Morsi prometteva che se il voto non sarà trasparente, la fratellanza «potrebbe incominciare una seconda rivoluzione». Tutti ricordano che nella prima, quella iniziata nel gennaio 2011, gli islamisti non c'erano. Per essere più credibile, Morsi ha promesso che in caso di vittoria distribuirà posti e incarichi ai non islamisti. Ma il profumo della vittoria sembra si respiri nel campo di Ahmed Shafik, cioè di un vecchio regime ripulitosi dalle tossine del recente passato. Ieri sera in piazza Tahrir, quell'"abbasso" a chiunque domani sera sarà presidente era il segno del nichilismo dei perdenti. «In Egitto abbiamo vissuto un periodo rivoluzionario governato dalle forze anti-rivoluzionarie, cioè dallo stesso regime contro il quale la gente si era ribellata», diceva con disarmante stupore un manifestante in piazza. La sera prima a poche centinaia di metri, nel salone delle feste di un grande albergo sul Nilo, Ahmed Shafik incontrava la sua gente. Niente slogan né bandiere. La borghesia, gli uomini d'affari, i dirigenti di Stato, non gridano né si agitano. C'erano anche una rappresentanza dei contadini del Delta e dei beduini del Sinai, per dare un'idea d'Egitto nel suo insieme. Ma soprattutto in sala c'era la maggioranza silenziosa, composta ed elegante. E c'era l'argenteria del regime militare che ha governato l'Egitto negli ultimi 60 anni: Jehan, la vedova di Anwar Sadat, la figlia più giovane di Gamal Nasser, nipoti dell'uno e dell'altro. Sul palco hanno parlato in tanti, prima dell'ospite d'onore della serata organizzata dalla Camera di commercio egitto-canadese. Solo Jehan ha ricordato il coraggio dei giovani di piazza Tahrir: per tutti gli altri la rivoluzione era ormai archiviata. Una certezza di vittoria, riempiva la sala. Ma nessuno ha citato Hosni Mubarak al quale avevano tutti obbedito per 30 anni. Come se il successore di Nasser e Sadat non avesse mai fatto parte di quell'argenteria nazionale. Sta per nascere uno strano Egitto: non proprio come quello vecchio ma nemmeno nuovo. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-16/legitto-bivio-islam-regime-081400.shtml?uuid=Ab3xL8sF

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