domenica 18 settembre 2011

Israele, la via della pace è palestinese

18/9/2011

ARRIGO LEVI

E così Israele, l’Israele di Netanyahu, degli immigrati russi e degli ultraortodossi, sta riuscendo a isolarsi, come non era più stato da decenni, nella regione cui inesorabilmente appartiene, per ragioni di storia e di memorie, ma dove è visto come un ultimo residuo di colonialismo europeo, testimonianza inaccettabile del declino storico della civiltà araba.
Per quello che è il terzo Stato ebraico della storia si pone ancora il problema della sopravvivenza.

Per quanto irrealistica appaia questa ipotesi quando si visitano le fiorenti città e campagne dello Stato ebraico. Sognavano i profeti che venisse il giorno in cui la via della pace universale corresse dall’Egitto alla Babilonia passando per Gerusalemme: in questa come in poche altre regioni la storia sembra ripetersi a distanza di millenni.

Ma, si dirà, non è con i palestinesi, e soltanto con i palestinesi, che Israele deve far pace per essere da tutti accettato? La risposta è un po’ meno sicura di quanto appaia. Avevamo tutti accolto con sollievo quando, dopo i grandi moti rivoluzionari in Tunisia e in Egitto, ci era stato assicurato, non senza qualche sorpresa, che non si erano ascoltati slogan e grida contro Israele. L’assalto feroce all’ambasciata d’Israele al Cairo è stata una brutale smentita a quelle ottimistiche rassicurazioni. Riconosciamo la realtà: lo Stato ebraico, per pregiudizi nuovi ed antichi, è ancora visto con odio dalle masse egiziane, e non solo da loro.

Ma ci è stato subito assicurato che i militari egiziani non avrebbero assolutamente rimesso in discussione il trattato di pace con Israele. Ora ci si dice invece dal Cairo che sono possibili cambiamenti. E intanto la gran maggioranza dei Paesi del mondo sta per proclamare all’Onu la propria convinzione che i palestinesi abbiano diritto a un loro Stato, e Israele e l’America non sembrano fino a questo momento capaci di far buon viso a cattivo gioco. Dopodiché, quale che sia la formulazione del pensiero dell’assemblea, ci si attendono assalti o sfide alle frontiere d’Israele, col rischio di incidenti capaci perfino di avere ripercussioni all’interno dello Stato ebraico nella minoranza araba.

La maggioranza che oggi governa lo Stato d’Israele riconosce in linea di principio che «uno Stato palestinese dev’essere stabilito», come ha assicurato Dan Meridor a Francesca Paci; e questo è un notevole progresso. Ma in attesa che un giorno, chissà quando, ciò accada, Israele non intende porre fine all’ampliamento delle colonie ebraiche, perché sarebbe «irrealistico» impedire a chicchessia di «comprar casa solo perché è ebreo». Non è bastato che ciò fosse stato proibito con una moratoria di dieci mesi? No, non è bastato.

Eppure Israele ha lasciato la striscia di Gaza e richiamato con la forza in patria gli israeliani che vi risiedevano. Questo non appariva «irrealistico» nell’interesse superiore dello Stato. Ma Israele oggi appare paralizzato dai suoi timori, di fronte a una «rivoluzione araba» di cui vede soltanto, non a torto, la pericolosità. E così, le prospettive di un nuovo negoziato sembrano sfumare in un futuro incerto e lontano. Chiedendosi se ce la farà questa generazione a fare la pace, un osservatore mite ed equilibrato come Antonio Ferrari si risponde: è «più che lecito dubitarne».

Ammettiamolo: far pace con i palestinesi può non bastare per far pace con tutti gli arabi. Per questo più lontano obiettivo occorrerà forse lasciar passare generazioni. Ma è pur sempre sotto le forche caudine palestinesi che Israele dovrà passare per fare pace con tutti: ed è solo su questo fronte che la diplomazia d’Israele può agire per far sì che Israele non rimanga così tremendamente solo nella terra che qualche millennio fa fu irrevocabilmente promessa agli ebrei; ma fu anche ripetutamente negata. È in questa direzione che la straordinaria forza spirituale del popolo che dopo una millenaria dispersione ha ridato vita a uno Stato ebraico potrebbe e dovrebbe indirizzarsi.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9213

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