mercoledì 6 ottobre 2010

Per non dimenticare la barbara tortura e l'omicidio di Ilan Halimi



In un libro, il peggior caso di antisemitismo in Francia
di Paolo Pillitteri

In un'Europa dove sembrano riemergere i rigurgiti di un pericolosissimo
antisemitismo, è praticamente ignorata la storia del martirio del giovane
francese Ilan Halimi. Un bellissimo libro, edito da Salomone Belforte &C.
Livorno, ricorda quell'assassinio raccontato dalla madre, Ruth Halimi e da
Emilie Frèche: "24 giorni, la verità sulla morte Ilan Halimi".E' Venerdì, 20
gennaio 2006 a Parigi. Ilan Halimi, scelto perchè ebreo dalla "banda dei
Barbari", una gang con a capo Youssef Fafana, viene rapito e condotto in un
appartamento in periferia. Vi rimarrà sequestrato e torturato per tre
settimane prima di essere buttato in un bosco dai suoi carnefici. Ritrovato
nudo lungo un binario della ferrovia fuori Parigi, Ilan non sopravviverà al
suo calvario. Il libro è lo straziante, sconvolgente racconto in cui la
madre di Ilan ricorda quei 24 giorni di incubo. 24 giorni nel corso dei
quali Ruth ha ricevuto più di seicento chiamate, richieste di riscatto, il
cui ammontare cambierà continuamente, insulti, minacce, foto del figlio
torturato. Ore, giorni, settimane interminabili, che la madre trascorrerà in
ufficio senza dire niente a nessuno, comportandosi come se tutto andasse
bene per lasciar lavorare la Polizia. Ma la Polizia non sa con che razza di
individui ha a che fare. Non valuta l'odio e la ferocia di un antisemitismo
assoluto che domina i rapitori. Non considera, tra l'altro, che Ilan possa
essere ucciso dalla bestiale gang con a capo l'orrendo Youssef Fofana. Sul
filo del ricordo, il libro ci presenta una storia di sangue e di morte nel
cuore dell'Europa, in Francia, "in un paese dove, come Daniel Pearl a
Karachi, un uomo può essere rapito sotto gli occhi i tutti - scrive
Bernard-Henry Levi nella prefazione - di un intero quartiere, trasportato da
un luogo all'altro, affamato, assassinato lentamente, torturato, passato da
un carnefice all'altro quando uno di questi cede, ancora spostato, e questo
per 24 giorni". Anche Pierluigi Battista, sempre nella prefazione, mette in
evidenza il ritorno dell'odio contro gli ebrei, contro Israele, contro la
sua esistenza, rammentando, nella terribile storia di Halimi, l'ipocrisia
con cui a parole si proclama "Mai più Auschwitz!" ma intanto si relega fra
le brevi di cronaca la notizia di un giovane ebreo francese che viene
rapito, torturato e bruciato a Parigi, solo perché è ebreo. E' il dettaglio
decisivo e sconcertante che non si vuole mai vedere... stiamo assistendo
impotenti e umiliati a una nuova caccia all'ebreo, e facciamo finta di non
accorgercene". Il libro ripropone in tutta la sua evidenza la "cattiva
coscienza" dell'Europa, aggiunge Giulio Meotti, un continente dove "la morte
di Ilan non ha meritato espressioni indignate da parte dell'opinione
pubblica, non ha urtato la sensibilità di chi è sempre pronto a dichiararsi
per il dialogo, la convivenza, la tolleranza. L'esecuzione di Ilan è passata
nel silenzio, rosa dall'indifferenza, la sua fotografia non ha fatto il giro
del mondo, i dettagli della sua morte sono stati criptati come degrado
metropolitano. C'è una foto di Halimi, ha i capelli corti, una maglietta, è
felice, sorride alla vita. Quel sorriso deve tormentare per sempre la
fragile, cattiva coscienza dell'Europa". Del resto, aggiungiamo noi, è
sempre più visibile, palpabile, drammaticamente operante, oltre al silenzio
colpevole su tragedie come quella di Ilan, il progetto di delegittimare
Israele. Ha recentemente e lucidamente rilevato Shmuel Trigano, Accademico
dell'Università Ouest Nanterre La Défance di Parigi e direttore della
rivista Controverses, che un simile "progetto si ripercuoterà su tutti gli
stati democratici, soprattutto gli stati europei. Potrebbe rivelarsi una
tappa determinante sulla via della loro stessa delegittimazione, nella
prospettiva di un'Europa sotto l'influenza arabo-islamica che qualsiasi
persona democratica deve rifiutare". Intanto il veleno antisemita fermenta
nei Parlamenti della vecchia Europa. L'antisionismo è il nuovo
antigiudaismo. Ha ricordato Aznar "se cade Israele cadremo tutti noi: è la
prima linea di difesa dell'Occidente".

(l'Opinione, 1 ottobre 2010)

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