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mercoledì 16 marzo 2011

La Marina israeliana scopre un arsenale a bordo di una nave cargo

16 marzo 2011

Il 15 marzo 2011 le Forze della Marina militare israeliana hanno abbordato e perquisito la nave Victoria, battente bandiera liberiana, dopo aver ricevuto il necessario consenso. La decisione di compiere l’abbordaggio si è basata su comprovati rapporti secondo i quali la nave stava trasportando armi illegali destinate alle organizzazioni terroristiche della Striscia di Gaza. La nave si trovava al largo della costa israeliana, in mare aperto nelle acque del Mediterraneo.

In una perquisizione preliminare compiuta dalla squadra che ha effettuato l’abbordaggio, sulla nave è stata rinvenuta una notevole quantità di armi e attrezzature militari. Sulla base dei documenti della nave e del resoconto dell'equipaggio, la nave è salpata inizialmente dal porto di Latakia, in Siria, e ha poi proceduto per il porto di Mersin, in Turchia. La nave era diretta verso l'Egitto. È stato appurato che la Turchia non ha alcuna connessione con il tentativo di contrabbando di armi.

Questo tentativo di contrabbandare grandi quantità di armi, a bordo della nave Victoria, costituisce un’ulteriore dimostrazione dell’assoluta necessità che Israele esamini tutte le merci che entrano nella Striscia di Gaza controllata da Hamas. Israele non può permettere che armi ed equipaggiamenti militari giungano nelle mani di terroristi, i quali ne faranno uso contro la sua popolazione civile.

Il traffico illegale di armi verso la Striscia di Gaza rappresenta una minaccia diretta e imminente per la sicurezza e la salvaguardia dello Stato di Israele e dei suoi cittadini, che continuano a trovarsi sotto l'incessante attacco di razzi e colpi di mortaio provenienti da Gaza. L’abbordaggio della nave Victoria, pertanto, è stato un legittimo atto di autodifesa.

Le prove sinora emerse indicano che le armi a bordo della nave provengono dall’Iran, che cerca in tutti i modi di armare la Striscia di Gaza. Sotto il dominio di Hamas la Striscia di Gaza è divenuta parte dell'asse Iran-Siria-Hamas.

Il trasferimento di armi alle organizzazioni terroristiche nella striscia di Gaza costituisce una palese violazione della risoluzione 1860 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2009), che invita gli Stati membri a intensificare gli sforzi per prevenire il "traffico illecito di armi e munizioni " nella Striscia di Gaza (par. 6); e costituisce altresì una violazione della risoluzione 1373 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2001), la quale, tra l'altro, invita tutti gli Stati ad astenersi dalla prestazione di qualsiasi forma di sostegno alle organizzazioni terroristiche e di cessare la fornitura di armi a tali gruppi. Israele sta anche verificando eventuali ulteriori violazioni di altre risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Va inoltre notato che nulla, nel manifesto di carico della nave Victoria, rivelava la vera natura del contenuto dei container presenti nella nave, in aperta violazione delle pertinenti disposizioni delle convenzioni e degli standard professionali dell'Organizzazione Marittima Internazionale, compresi la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) e il Codice marittimo internazionale delle merci pericolose (IMDG).

Questo è però soltanto uno degli innumerevoli tentativi di contrabbando compiuti negli anni: c’è stata una serie di casi precedenti (per esempio i casi delle navi cargo Santorini, Abu Hassan, Karine A, Hansa India, Monchegorsk, Francop ed Everest) in cui normali e semplici spedizioni commerciali transnazionali sono state sfruttate da parte degli Stati che sponsorizzano il terrorismo, tra cui l'Iran, la Siria e il Libano, che ne hanno abusato al fine di agevolare il traffico illegale di armi destinato alle organizzazioni terroristiche nella regione.

Scoperte 50 tonnellate di armi
Elenco preliminare delle armi e dei sistemi bellici scoperti a bordo della nave

La nave Victoria trasportava almeno 50 tonnellate di armi, una quantità simile a quella della Karin A, la nave diretta all’Autorità palestinese e intercettata dalla marina israeliana nel 2002. Secondo la Marina israeliana si tratta solo di una stima preliminare, e il reale quantitativo di armi presenti a bordo della nave sarà verificato solo dopo che la nave Victoria attraccherà al porto di Ashdod. Assieme alle armi strategiche trovate sulla nave, è stata rinvenuta anche una grande quantità di proiettili per mortaio da 60 e 120 mm.


Elenco preliminare delle armi e dei sistemi bellici scoperti a bordo della nave cargo Victoria e scaricati al porto di Ashdod
:

230 proiettili di mortaio (120 mm)
2.270 proiettili di mortaio (60 mm)
6 missili C-704 anti-nave
2 sistemi radar di fabbricazione inglese
2 lanciarazzi
2 gru idrauliche di montaggio per il sistema radar
66.960 proiettili per fucili Kalashnikov (7,62 mm)

Tra le armi trovate sul ponte della Vittoria, i 13 militari del Commando della Marina hanno rinvenuto anche dei missili anti-nave C-704 dotati di radar e di una gittata di 35 chilometri. "Queste sono armi strategiche. Se Hamas riuscisse a mettere le sue mani su di esse, potrebbero causare seri danni a infrastrutture strategiche, in mare e di terra", ha affermato il contrammiraglio Rani Ben-Yehuda.

Secondo Ben Yehuda, questi tipi di missili sono pericolosi non solo per le navi della Marina ma anche per le navi civili in genere che arrivano al porto di Ashdod. "Poiché questi missili possono essere programmati per funzionare automaticamente, essi costituiscono una minaccia per qualsiasi ulteriore obiettivo all'interno della loro gittata. Sono più facili da controllare e dirigere rispetto ai missili precedenti", ha spiegato il contrammiraglio.

L’ufficiale della Marina ha aggiunto che sono state rinvenute a bordo anche dei manuali in persiano, assieme ad altri simboli dell'esercito dei Guardiani della Rivoluzione islamica, un'altra prova del fatto che la nave Victoria sia stata un tentativo iraniano di mutare l’equilibrio delle forze nel Medio Oriente.



- Fotografie e filmati ufficiali dell'IDF, che documentano l'operazione e il ritrovamento delle armi (dal Blog ufficiale dell'IDF)
http://idfspokesperson.com/

- Fotografie delle armi e del materiale rinvenuti a bordo della nave
http://www.flickr.com/photos/idfonline/sets/72157626272235856/show



http://roma.mfa.gov.il/mfm/web/main/document.asp?DocumentID=194475&MissionID=41

sabato 27 marzo 2010

Gaza: ecco il risultato della politica pro-Hamas europea




Quando un personaggio dell’importanza della baronessa Catherine Ashton si reca a Gaza e parla di tutto fuorché del popolo palestinese oppresso da Hamas, quando da ogni parte arrivano inviti a riprendere il dialogo tra ANP e Israele e si fa finta di non vedere l’ingombrate presenza di Hamas, quando si attacca continuamente una sola parte (Israele) e si giustifica l’operato dell’altra (Hamas), allora succede quello che è successo ieri sera a Gaza quando un gruppo di terroristi di Hamas e di Jaljalat (un gruppo vicino ad Al Qaeda) attacca una pattuglia israeliana allo scopo di prendere prigionieri militari israeliani uccidendone due.

Non si può non pensare che i vertici di Hamas (che ha rivendicato l’azione) e di Jaljalat non sapessero che Israele avrebbe reagito. Lo scopo era proprio quello, far reagire Israele e magari mettere sul piatto qualche decina di morti civili. Già da ieri sera fonti di Hamas riferivano che alcuni carri armati entrati nella Striscia di Gaza stavano sparando sulla popolazione, notizia chiaramente falsa ma sufficiente per scatenare i soliti noti nelle solite condanne all’esercito israeliano. Dell’attacco terroristico di Hamas nemmeno una parola. Di condanne poi non se ne parla.

Ma è normale, tutto normale. Hamas approfitta solo degli assist che gente come la Ashton gli lancia, approfitta che tutto il mondo in questo momento sia schierato dalla sua parte, non dalla parte del popolo palestinese che come sempre viene usato come carne da macello (anche dall’occidente), proprio dalla parte di Hamas che, fino a prova contraria, è considerato dall’Unione Europea un movimento terrorista. Questo qualcuno dovrebbe ricordarlo alla Ashton.

Ora speriamo che l’episodio di ieri sera sia solo un fatto isolato, ma obbiettivamente ci crediamo poco. Noi, come tanti altri, pensiamo che sia solo l’inizio di una strategia dell’escalation studiata a tavolino per costringere Israele a reagire, esattamente come successe prima dell’operazione Piombo Fuso. Per questo chiediamo all’Unione Europea di condannare senza mezze misure l’attacco terroristico di ieri sera, chiediamo che l’Europa lavori per il totale isolamento di Hamas e, quindi, per il bene della popolazione palestinese. Chiediamo che i politici europei smettano di sostenere il gruppo terrorista palestinese, un sostegno che danneggia la popolazione palestinese. Chiediamo che si smetta di strumentalizzare e usare la popolazione palestinese e che si lavori seriamente al suo benessere estromettendo da qualsiasi contesto Hamas, l’unico vero responsabile della attuale situazione di Gaza.

Per questo abbiamo inviato un esposto al Parlamento Europeo affinché emetta una dura condanna contro Hamas e affinché faccia chiarezza sul comportamento della baronessa Catherine Ashton che, nelle vesti istituzionali di rappresentante della politica estera europea, ha deliberatamente e apertamente sostenuto un gruppo considerato terrorista proprio dall’Unione Europea. Nell’esposto abbiamo chiesto che Catherine Ashton renda conto pubblicamente del suo comportamento e che chiarisca definitivamente la sua posizione o, in alternativa, che si dimetta dal suo incarico.

Miriam Bolaffi

Tratto da Secondo Protocollo Unconventional defender of Human Rights
http://www.secondoprotocollo.org/?p=740

martedì 10 febbraio 2009

Intervista al Primo Ministro Palestinese Salam Fayyad


Riporto un’ interessante intervista, apparsa su Famiglia Cristiana n 6/2009 a firma de giornalista Fulvio Scaglione, a Salam Fayyad premier dell’ANP. Emerge dalle parole del premier la giusta visione che solo la politica, i negoziati e l’implementazione degli stessi porteranno alla giusta soluzione di due popoli per due Stati.


Intervista al Primo Ministro Palestinese Salam Fayyad

“Basta con la violenza da entrambe le parti”

I razzi di Hamas sono inaccettabili e la reazione di Israele è sproporzionata: “Ma dobbiamo risorgere dalle ceneri”.

Ramallah

Forse solo uno che si è occupato di problemi planetari alla Banca mondiale (1985- 1995) e al Fondo monetario internazionale (1996-2001) poteva ritrovarsi a gestire uno Stato che non c’è. Salam Fayyad è dal 2007 primo ministro dell’Autorità palestinese. Dicono che abbia messo un argine ai mille rivoli che dissestavano, in dollari, la burocrazia di qui. Intanto, mi riceve con puntualità svizzera, in un ufficio dall’ordine teutonico. Gaza sembra lontana ed è invece vicinissima.

Signor primo ministro, che cosa c’è nei suoi pensieri in queste settimane?

“Tristezza. Il numero dei morti e l’ampiezza delle distruzioni sono senza precedenti , il mondo intero se n’è reso conto. Con il passare dei giorni, però dietro lo shock si affaccia un pensiero più inquietante: che sarà dei sopravvissuti? E i giovani, come reagiranno? Credo che i fatti di Gaza resteranno a lungo impressi nelle loro menti, e non senza conseguenze. E’ una grande preoccupazione per il futuro”.

Le proteste, le trattative, l’inviato di Obama che viene e va, gli aiuti per la Striscia di Gaza. Riesce ancora a governare?

“Certo che sì. Alcune cose sono troppo importanti, meritano comunque la precedenza: una maggiore coinvolgimento degli Usa, per esempio, è da ricercare con forza. Ma c’è molto più di questo nel mio lavoro. L’anno scorso ho convocato un convegno mondiale di imprenditori, per stimolare le attività economiche in Palestina. Lo slogan era: “C’è un party a Betlemme, siete tutti invitati”. Molti qui mugugnavano : “Ma come, c’è l’occupazione, il Muro, e tu parli di party…”. Però nella serata finale 1.300 persone mangiavano insieme , davanti alla basilica della Natività, allegre e serene”.

Sospetto che ci sia una morale?

“Eccola: risorgiamo dalle ceneri. Come possiamo superare una crisi come quella di Gaza se non trasformiamo tristezza e rabbia in energia e speranza? Non metteremo fine all’occupazione da parte di Israele sentendoci miserabili. E non arriveremo mai a uno Stato autonomo, che viva in pace con tutti i vicini, Israele incluso, inserito nella comunità mondiale, tollerante, aperto, se non crediamo nelle nostre possibilità”.

Una bella serata in piazza , però, non fa Stato…

“Ovvio. Lì c’era il simbolo. Nella realtà quotidiana bisogna scegliere la concretezza al posto dei discorsi o , peggio,delle avventure. Bisogna cambiare le cose sul terreno, in senso letterale: la prima condizione per far finire l’occupazione è che la nostra gente resti sulla terra, e per farla restare devi aiutarla a vivere meglio. Un Governo onesto, ospedali, linee elettriche, asili, scuole, ecco le cose che ci daranno un futuro”.

Ancor più frustante, quindi, vedere le macerie di Gaza. Là, inoltre, gli uomini fedeli al presidente Abu Mazen e al suo Governo se la stanno vedendo piuttosto brutta…

“E’ pazzesco . Ma c’è una lezione anche qui. Il nostro compito è fare l’opposto di ciò che ci ha portati a tutto questo. Distruggono? E noi ricostruiamo. Sparano? Rinunciamo alla violenza. Non si parlano? Parliamo con tutti . Solo così arriveremo a far capire che il problema è l’occupazione israeliana, punto. E non “l’occupazione israeliana, ma…”


Nella crisi di Gaza, però, ci sono alcuni dati certi. Uno è che c’era una tregua e Hamas l’ha denunciata, sparando poi centinaia di missili…

“La violenza di Hamas contro Israele è inaccettabile e ingiustificabile. In più, l’ho detto prima e lo ripeto, i palestinesi otterranno il loro scopo solo se i metodi saranno non violenti. Proprio per questo, però, dico che la reazione sproporzionata di Israele non solo non risolve il problema ma lo aggrava. Guardiamo a quel che è successo finora. Da ani un milione e mezzo di palestinesi vive a Gaza come una prigione. Questo ha forse contribuito a ridurre la violenza? No, la strategia israeliana ha provocato ancor più rabbia. E ha dato ai palestinesi di Gaza la sensazione di non aver nulla da perdere. Bisogna fare l’opposto: dare alla gente qualcosa da perdere per spingerla a scegliere la pace”.

Dal 2007 l’Autorità palestinese ha perso il controllo di Gaza. Una fetta non piccola del budget del suo Governo, però, va ancora alla Striscia…

“Là c’è la nostra gente . Hamas passerà, loro restano e noi dobbiamo aiutarli. Per questo ogni mese spendiamo a Gaza 120 milioni di dollari”.

E’ sicuro che tutti questi soldi non finiscono a Hamas?

“Abbiamo dei meccanismi di garanzia. Uno è far gestire gli interventi a organizzazioni di fiducia. E poi la Striscia ha esigenze particolari: per esempio, il 65 per cento dell’elettricità le arriva da Israele, il 25 dall’Egitto e solo il 10 è prodotto lì. Noi paghiamo i fornitori”.

Ancora l’estate scorsa molti pensavano che un accordo con Israele fosse possibile. Sono successi fatti gravi e tutto è cambiato. Le chiedo solo: si era davvero vicini?

“Devo deluderla . No, non ho mai pensato che fossimo vicini a un accordo. Il Governo uscente di Israele ha fatto molti bei discorsi diplomatici ma, come le devo, a me interessa ciò che avviene sul terreno. E lì ci sono stati più insediamenti e più posti di blocco, a dispetto di quanto era stato stabilito e ribadito ad Annapolis. Il problema è che la pace sia fa solo tra uguali. E noi questa uguale dignità dobbiamo ancora vedercela riconosciuta”.