Andrea Tarquini intervista Elie Wiesel, la Repubblica, 27-01-2010
«Io, Elie Wiesel, sopravvissuto e testimone, ricordo ancora oggi ogni singolo momento. Quando fummo chiusi nel Ghetto, quando vennero a prenderci, quando ci caricarono sui treni, quando arrivammo ad Auschwitz, quando vidi mia madre, mio padre e mia sorella portati a morire». Così Elie Wiesel, Nobel per la pace, attivista di primo piano per la pace e i diritti umani nel mondo, racconta l´Olocausto. Oggi, nella Giornata della Memoria, terrà un discorso al Parlamento italiano. Ascoltiamolo.
Professor Wiesel, come rammenta quegli anni tremendi?
«Rivedo ancora oggi ogni episodio. L´arresto in massa, la deportazione. Il viaggio atroce nei carri-bestiame fino ad Auschwitz. Ricordo cosa voleva dire sentirsi improvvisamente trattati come "Untermenschen", come subumani da eliminare. Ricordo quando, io ancora piccolo, restai solo ad Auschwitz. Fu terribile, è difficile descrivere cosa vuol dire restare solo, senza più la famiglia che hai visto sterminare, e al tempo stesso sentire che non sei solo, che non lo saresti stato mai più. Perché eri insieme a migliaia e migliaia di persone, trattati da subumani da eliminare come te, e al loro fianco sentivi la vicinanza della Morte. Ognuno di noi la sentiva, e al tempo stesso non vivevamo accanto alla Morte, vivevamo nella Morte».
Com´era possibile sopravvivere a questo sentimento?
«Penso ancora oggi che quando entrammo ad Auschwitz entrammo in un´altra Creazione, una dimensione speculare, parallela, opposta e negativa. Nella Creazione che conoscevamo la Germania era il cuore della cultura, la patria di una letteratura straordinaria espressa da una grande lingua, la terra dei migliori ingegneri. Ma là entrammo come in un mondo parallelo, fatto solo di "to kill and to die", di chi uccide e di chi muore».
Il genocidio pianificato con precisione industriale fu un crimine speciale, tutto tedesco?
«Vede, una delle cose più terribili che la Storia ci ha riservato è questa: nella prima guerra mondiale i tedeschi si comportarono bene, combatterono contro i pogrom zaristi all´Est. Per il popolo ebraico, la Germania era terra di cultura, di alta tecnologia, di grandi talenti letterari. Non ce lo aspettavamo. I nazisti riuscirono a mobilitare tutto il talento dei tedeschi - talento in ogni forma, di psicologi, scienziati, ingegneri, giornalisti - per l´Olocausto. Per questo quel crimine senza pari fu così atrocemente efficiente».
Lei oggi si fida dei tedeschi?
«Io non credo nella colpa collettiva. Solo i colpevoli sono colpevoli. Sono testimone, non giudice. Certo, purtroppo la Resistenza, l´opposizione al nazismo e alla Shoah, furono minoritari. Ma insisto, la colpa collettiva per me non esiste. E ammiro moltissimo Angela Merkel, perché lei che oggi guida la Germania sa parlare e agire nel mondo giusto: in nome della Memoria, e del diritto di Israele all´esistenza».
Qual è il significato della giornata della Memoria?
«Sono lieto di tenere un discorso al Parlamento italiano. E´ una giornata importante per tutto il mondo civile. Perché è fondamentale non solo ricordare, ma anche capire come e perché l´orrore assoluto accadde. E perché dimenticare è un grande pericolo, perché l´oblìo significa tradimento. Chi oggi chiede di dimenticare deve sapere che non sfugge a questa responsabilità: insisto, dimenticare vuol dire tradire la memoria delle vittime. E dai tradimenti non può mai derivare il bene».
E´ anche il pericolo posto dal negazionismo?
«Il più grande, pericoloso e attivo negazionista del mondo è Ahmadinejad, per questo conduco una campagna contro le sue posizioni. E´ il negazionista numero uno: nega in pubblico l´Olocausto, dichiara di volere bombe atomiche per distruggere Israele. Dovrebbe essere arrestato, dovrebbe venire tradotto davanti a un tribunale internazionale e processato dal mondo per incitamento a crimini contro l´umanità e all´odio razziale».
Una specie di Processo di Norimberga?
«Esiste già il Tribunale internazionale dell´Aja».
Lei è soddisfatto o no di come il mondo ricorda l´Olocausto?
«In Europa la situazione è migliorata. Gli Stati Uniti sono all´avanguardia: i due massimi memoriali sono a Washington e in Israele. In tutto il mondo percepisco più sensibilità di prima al tema. Forse perché alcuni di noi sopravvissuti sono ancora in vita. Il mondo comincia a pensare che un giorno, presto, non ci saremo più, e che è doveroso ricordare mentre siamo ancora in vita. Perché i sopravvissuti aiutano a tenere viva la Memoria, la comunicano al mondo di dopo l´Olocausto».
Ma quanto è grande il pericolo che, con sempre meno superstiti della Shoah ancora in vita, opinioni pubbliche e leader cedano alla tentazione di dimenticare, di "voltare pagina"?
«Io vedo che in molti paesi i giovani che studiano l´Olocausto sono più numerosi che mai. In America, e non solo, non c´è una scuola in cui la Shoah non sia materia d´insegnamento. Mai come oggi ho visto tanti corsi, seminari, mostre, programmi tv. Sono ottimista sulla capacità di ricordare. Ma c´è sempre da chiedere che uso si fa della Memoria, quanto la si usa per capire».
L´antisemitismo è vivo e spesso in ascesa, per esempio in Europa. Quanto è grave la minaccia?
«Sono trend pericolosi. Anche perché si manifestano spesso su uno sfondo l'indifferenza. Nel 2009, in tutto il mondo ma specie in Europa, si è registrato il numero più alto di manifestazioni di antisemitismo dal 1945. Recentemente sono stato in Ungheria, ho visto un aumento preoccupante dell´antisemitismo. E anche altrove, gli antisemiti conquistano nuove tribune. Come dico da decenni, spesso siamo di fronte a un antisemitismo senza ebrei, cioè a correnti antisemite in società dove quasi non vivono più ebrei. Poi c´è un violento, ingiusto odio verso Israele.
Il bisogno di un capro espiatorio non è morto. E tocca sempre agli ebrei. Intanto, per esempio, dell´eccezionale efficienza dell´aiuto umanitario israeliano a Haiti si parla poco o nulla».
Le élite in Europa sono conosce della minaccia dell´antisemitismo e dell´oblìo o no?
«Lo spero. In alcuni paesi - l´Ungheria, l´Ucraina, ma anche paesi dell´Europa occidentale - vediamo trend pericolosi. Umori antisemiti, il sorgere di partiti filonazisti. Alle leadership politiche toccano anche doveri e considerazioni morali. Non possiamo separare la politica dalla morale. Serve una visione etica del mondo, e deve venire dai leader».
L´antisemitismo come ricerca del capro espiatorio è un male europeo?
«L´antisemitismo è il più antico pregiudizio di gruppo della Storia.
Ed è presente tuttora, nel nostro quotidiano. Dobbiamo combatterlo, non illuderci che la lotta sia finita».
Tra i negazionisti ci sono anche esponenti religiosi, come il vescovo Williamson. Quanto sono pericolosi?
«Sono pericolosi prima di tutto per la Chiesa cattolica. Il fatto che papa Benedetto non abbia revocato la revoca della scomunica è al di là della mia comprensione. Parliamo di un negazionista dell´Olocausto, predica odio verso gli ebrei e Israele, come può essere ancora un vescovo? Scomunicato o perdonato, come può essere ancora vescovo? Angela Merkel ha avuto ragione a criticare il Papa su questo tema».
«Io, Elie Wiesel, sopravvissuto e testimone, ricordo ancora oggi ogni singolo momento. Quando fummo chiusi nel Ghetto, quando vennero a prenderci, quando ci caricarono sui treni, quando arrivammo ad Auschwitz, quando vidi mia madre, mio padre e mia sorella portati a morire». Così Elie Wiesel, Nobel per la pace, attivista di primo piano per la pace e i diritti umani nel mondo, racconta l´Olocausto. Oggi, nella Giornata della Memoria, terrà un discorso al Parlamento italiano. Ascoltiamolo.
Professor Wiesel, come rammenta quegli anni tremendi?
«Rivedo ancora oggi ogni episodio. L´arresto in massa, la deportazione. Il viaggio atroce nei carri-bestiame fino ad Auschwitz. Ricordo cosa voleva dire sentirsi improvvisamente trattati come "Untermenschen", come subumani da eliminare. Ricordo quando, io ancora piccolo, restai solo ad Auschwitz. Fu terribile, è difficile descrivere cosa vuol dire restare solo, senza più la famiglia che hai visto sterminare, e al tempo stesso sentire che non sei solo, che non lo saresti stato mai più. Perché eri insieme a migliaia e migliaia di persone, trattati da subumani da eliminare come te, e al loro fianco sentivi la vicinanza della Morte. Ognuno di noi la sentiva, e al tempo stesso non vivevamo accanto alla Morte, vivevamo nella Morte».
Com´era possibile sopravvivere a questo sentimento?
«Penso ancora oggi che quando entrammo ad Auschwitz entrammo in un´altra Creazione, una dimensione speculare, parallela, opposta e negativa. Nella Creazione che conoscevamo la Germania era il cuore della cultura, la patria di una letteratura straordinaria espressa da una grande lingua, la terra dei migliori ingegneri. Ma là entrammo come in un mondo parallelo, fatto solo di "to kill and to die", di chi uccide e di chi muore».
Il genocidio pianificato con precisione industriale fu un crimine speciale, tutto tedesco?
«Vede, una delle cose più terribili che la Storia ci ha riservato è questa: nella prima guerra mondiale i tedeschi si comportarono bene, combatterono contro i pogrom zaristi all´Est. Per il popolo ebraico, la Germania era terra di cultura, di alta tecnologia, di grandi talenti letterari. Non ce lo aspettavamo. I nazisti riuscirono a mobilitare tutto il talento dei tedeschi - talento in ogni forma, di psicologi, scienziati, ingegneri, giornalisti - per l´Olocausto. Per questo quel crimine senza pari fu così atrocemente efficiente».
Lei oggi si fida dei tedeschi?
«Io non credo nella colpa collettiva. Solo i colpevoli sono colpevoli. Sono testimone, non giudice. Certo, purtroppo la Resistenza, l´opposizione al nazismo e alla Shoah, furono minoritari. Ma insisto, la colpa collettiva per me non esiste. E ammiro moltissimo Angela Merkel, perché lei che oggi guida la Germania sa parlare e agire nel mondo giusto: in nome della Memoria, e del diritto di Israele all´esistenza».
Qual è il significato della giornata della Memoria?
«Sono lieto di tenere un discorso al Parlamento italiano. E´ una giornata importante per tutto il mondo civile. Perché è fondamentale non solo ricordare, ma anche capire come e perché l´orrore assoluto accadde. E perché dimenticare è un grande pericolo, perché l´oblìo significa tradimento. Chi oggi chiede di dimenticare deve sapere che non sfugge a questa responsabilità: insisto, dimenticare vuol dire tradire la memoria delle vittime. E dai tradimenti non può mai derivare il bene».
E´ anche il pericolo posto dal negazionismo?
«Il più grande, pericoloso e attivo negazionista del mondo è Ahmadinejad, per questo conduco una campagna contro le sue posizioni. E´ il negazionista numero uno: nega in pubblico l´Olocausto, dichiara di volere bombe atomiche per distruggere Israele. Dovrebbe essere arrestato, dovrebbe venire tradotto davanti a un tribunale internazionale e processato dal mondo per incitamento a crimini contro l´umanità e all´odio razziale».
Una specie di Processo di Norimberga?
«Esiste già il Tribunale internazionale dell´Aja».
Lei è soddisfatto o no di come il mondo ricorda l´Olocausto?
«In Europa la situazione è migliorata. Gli Stati Uniti sono all´avanguardia: i due massimi memoriali sono a Washington e in Israele. In tutto il mondo percepisco più sensibilità di prima al tema. Forse perché alcuni di noi sopravvissuti sono ancora in vita. Il mondo comincia a pensare che un giorno, presto, non ci saremo più, e che è doveroso ricordare mentre siamo ancora in vita. Perché i sopravvissuti aiutano a tenere viva la Memoria, la comunicano al mondo di dopo l´Olocausto».
Ma quanto è grande il pericolo che, con sempre meno superstiti della Shoah ancora in vita, opinioni pubbliche e leader cedano alla tentazione di dimenticare, di "voltare pagina"?
«Io vedo che in molti paesi i giovani che studiano l´Olocausto sono più numerosi che mai. In America, e non solo, non c´è una scuola in cui la Shoah non sia materia d´insegnamento. Mai come oggi ho visto tanti corsi, seminari, mostre, programmi tv. Sono ottimista sulla capacità di ricordare. Ma c´è sempre da chiedere che uso si fa della Memoria, quanto la si usa per capire».
L´antisemitismo è vivo e spesso in ascesa, per esempio in Europa. Quanto è grave la minaccia?
«Sono trend pericolosi. Anche perché si manifestano spesso su uno sfondo l'indifferenza. Nel 2009, in tutto il mondo ma specie in Europa, si è registrato il numero più alto di manifestazioni di antisemitismo dal 1945. Recentemente sono stato in Ungheria, ho visto un aumento preoccupante dell´antisemitismo. E anche altrove, gli antisemiti conquistano nuove tribune. Come dico da decenni, spesso siamo di fronte a un antisemitismo senza ebrei, cioè a correnti antisemite in società dove quasi non vivono più ebrei. Poi c´è un violento, ingiusto odio verso Israele.
Il bisogno di un capro espiatorio non è morto. E tocca sempre agli ebrei. Intanto, per esempio, dell´eccezionale efficienza dell´aiuto umanitario israeliano a Haiti si parla poco o nulla».
Le élite in Europa sono conosce della minaccia dell´antisemitismo e dell´oblìo o no?
«Lo spero. In alcuni paesi - l´Ungheria, l´Ucraina, ma anche paesi dell´Europa occidentale - vediamo trend pericolosi. Umori antisemiti, il sorgere di partiti filonazisti. Alle leadership politiche toccano anche doveri e considerazioni morali. Non possiamo separare la politica dalla morale. Serve una visione etica del mondo, e deve venire dai leader».
L´antisemitismo come ricerca del capro espiatorio è un male europeo?
«L´antisemitismo è il più antico pregiudizio di gruppo della Storia.
Ed è presente tuttora, nel nostro quotidiano. Dobbiamo combatterlo, non illuderci che la lotta sia finita».
Tra i negazionisti ci sono anche esponenti religiosi, come il vescovo Williamson. Quanto sono pericolosi?
«Sono pericolosi prima di tutto per la Chiesa cattolica. Il fatto che papa Benedetto non abbia revocato la revoca della scomunica è al di là della mia comprensione. Parliamo di un negazionista dell´Olocausto, predica odio verso gli ebrei e Israele, come può essere ancora un vescovo? Scomunicato o perdonato, come può essere ancora vescovo? Angela Merkel ha avuto ragione a criticare il Papa su questo tema».
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